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Pesce surgelato non indicato nel menù, è reato.

Pesce surgelato non indicato nel menù, è reato.

Cosa rischia quel ristoratore che appone sul proprio menù le immagini delle pietanze senza specificare che sono surgelate?

La Cassazione ha affrontato la questione con una recente sentenza (Cass. sent. n. 4735/2018) spiegando che non indicare nel menu che il prodotto (nel caso di specie si trattava di pesce) non è fresco ma surgelato configura il tentativo di frode in commercio - (art. 515 c.p.).

La Cassazione ha confermato la condanna di un ristoratore romagnolo che aveva all’interno del proprio locale esclusivamente prodotti surgelati senza ciò che fosse specificato nel menu.

"Il tentativo del reato di cui all'art. 515 cod.pen. è configurato e si verifica quando l'alienante compie atti idonei diretti in modo non equivoco a consegnare all'acquirente una cosa per un'altra ovvero una cosa, per origine, qualità o quantità diversa da quella pattuita o dichiarata".

Quindi "costituisce il tentativo del delitto di frode in commercio anche il semplice fatto di non indicare nella lista delle vivande che determinati prodotti sono congelati, giacché il ristoratore ha l'obbligo di dichiarare la qualità della merce offerta ai consumatori".

Il menu o la lista delle vivande, una volta consegnato ai clienti o anche semplicemente sistemato sui tavoli di un ristorante, infatti, "equivale ad una proposta contrattuale nei confronti dei potenziali clienti e manifesta l'intenzione del ristoratore di offrire i prodotti indicati nella lista".

"Anche la mera disponibilità di alimenti surgelati, non indicati come tali nel menu, nella cucina di un ristorante, configura il tentativo di frode in commercio, indipendentemente dall'inizio di una concreta contrattazione con il singolo avventore".

Quanto alle modalità di rappresentazione dell'offerta dei prodotti, "anche l'esposizione di immagini del prodotto offerto, in luogo della sua descrizione nel menù, è idonea a configurare la condotta di reato, stante la natura diretta a incentivare la consumazione del prodotto".

In sostanza, per la Cassazione, un comportamento del genere costituisce frode in commercio ai sensi del 515 cp.

Tale comportamento, qualora il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a duemilasessantacinque euro.


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Published in Approfondimenti
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  • sentenza
  • diritto
  • legislazione

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